Alessandro Scassellati (AS): Come si presenta l’Osteria Due Cuori?

Anna Maria Della Valle (AMDV): L’Osteria Due Cuori è impostata in una maniera che già ci consente di affrontare il tema della qualità del cibo. E’ una piccola osteria con 30 posti a sedere all’interno. D’estate si può stare fuori, dove c’è un portico molto carino su una piazza medievale e possiamo arrivare al massimo a 40 posti. Questo ci consente di cucinare le cose sul momento e questa è una cosa importante. Noi non compriamo nulla che è stato già assemblato in qualche modo. Inoltre, siamo in una posizione favorevole perché siamo in una piccola cittadina che ci consente di usare del cibo locale, facilmente raggiungibile. Piccoli produttori agricoli di qualità che sono tutti a una distanza di 20-30 minuti massimo. Dall’inizio abbiamo scelto la via di non avere nulla di pre-costituito, ma semplicemente tutto cucinato sul momento. Successivamente, abbiamo abbracciato la filosofia di Slow Food del cibo locale, buono, pulito e giusto. Di fatto, cibo come si faceva una volta, con una verdura o un cereale coltivato come si deve, oppure con un animale allevato in modo tradizionale. Questo ci ha permesso di entrare direttamente nell’Alleanza dei Cuochi che vuol dire che oltre ad usare dei cibi locali, del nostro territorio, questo ci porta ad usare i prodotti dei Presidi italiani. Invece che comprare il cappero qualunque, noi compriamo il cappero di Salina che è un Presidio Slow Food.

Uno dei Presidi vicino a noi è quello del Burro a latte crudo dell’alto Elvo. Un burro di affioramento che cambia tutte le volte, essendo a latte crudo, per cui dipende dal momento. Le vacche sono in alpe e vivono a 1.000 metri di altezza. Quando c’è la fioritura il burro ha dei profumi e sapori diversi da quando invece c’è il momento di secca.

Questo è quello vogliamo: cibo mangiabile, buono, con la materia prima di buona qualità e possibilmente con un’accoglienza che vada di pari passo.

AS: Come si valorizzano i produttori locali e che tipo di riscontro avete da parte dei vostri clienti?

AMDV: C’è il riscontro perché una volta che tu hai un piatto che magari è un piatto semplicissimo come può essere un piatto di plin, tu puoi averne assaggiati mille, però una volta che tu sei a tavola e mangi quella cosa lì la differenza la senti. La senti nel sapore e soprattutto la sentirai dopo che hai mangiato perché non sei appesantito e hai digerito. Queste cose devono arrivare perché penso che il futuro della ristorazione sarà quello di fare anche cultura. E’ una cosa che noi tentiamo di fare raccontando la proveniena del prodotto, la differenza tra un burro pastorizzato e uno di latte intero. Queste cose secondo me vanno un po’ raccontate, perché generalmente le persone sono più abituate a prendere il cibo al supermercato oppure ci si sofferma troppo sulle differenze. Quindi, raccontare alle persone e quindi fare quella che tra virgolette si può chiamare cultura del cibo. Questo è un compito che noi ci siamo un presi, perché mi sembra giusto che le persone devono sapere qual è la differenza che hanno nel piatto.

AS: Avete fatto delle serate o delle degustazioni dei prodotti di questi piccoli produttori, dandogli visibilità?

AMDV: Sì, li abbiamo fatti eccome. Durante i periodi pandemia ovviamente tutto è stato sospeso, come sospeso è stato anche il ristorante. Non è stato semplice. Abbiamo fatto, ad esempio, una serata di degustazione di patate coltivate a Gressoney. Le patate di montagna sono più buone. Qui, abbiamo fatto tanti assaggi sia di patate sia di formaggi. Li facciamo insieme ai produttori che offrono i loro racconti che sono i migliori, ovviamente, perché li vivono. E’ così che le persone si rendono anche conto che non è una cosa così semplice, che sono vite dure, che devi avere proprio la passione di quella cosa, altrimenti è difficile sostenere quel tipo di vita con molte ore di lavoro, sacrifici, non ti puoi muovere se hai degli animali. Non è semplice, per cui è bello sentirli da loro questi racconti.

AS: Ci parlate delle reti di piccoli produttori locali? Come sono fatte e del livello di interazione tra soggetti.

AMDV: Ci sono due reti interessanti. Una è una rete che ha che fare con Slow Food e che si chiama Slow Food Travel Montagne Biellesi. Oltre ad essere una rete, è una comunità vera e propria, una comunità Slow Food. E’ una rete molto interessante perché già mette in comunicazione piccoli produttori, trasformatori, ristoratori, e l’accoglienza costituita da B&B o aziende agricole che fanno anche agriturismo. E’ una rete che si potrebbe quasi autosostenere e i produttori producono le cose più svariate, dalla nocciola al formaggio, dallo yogurt alle farine. La rete nasce proprio con l’idea di mettere in piedi una comunità che si autogestisca.

L’altra rete si chiama Teritori ed è una rete proprio di soli produttori. Sono pochi, ma sono molto seri e fanno dei prodotti buonissimi e li vendono insieme. Alcuni produttori della prima rete partecipano anche alla seconda.

Entrambe queste reti hanno l’idea di mettersi in rete per fare una rete delle reti esistenti, per cui penso che anche voi di Ciboprossimo possiate essere interessanti per loro, perché nessuno di loro si chiude nella propria rete. Hanno il desiderio di colloquiare con altre reti perché è evidente che si fa una rete perché si vuole fare rete. Entrambe queste reti sono fatte da operatori serissimi, anche se non molto numerosi. Abbracciano più prodotti, dal vino al formaggio, al pane. Entrambe le reti fanno consegne a domicilio.

Credo che gli eventi drammatici che stiamo vivendo, in qualche modo porteranno a galla certe verità. Certi cibi non li avremo più, non ci arriveranno più da alcune parti, in compenso bisognerà valorizzare quello che abbiamo. Allora, la smetteremo di pensare che se una farina è un po’ più scura non va bene. Abbiamo sempre usato farine diverse, anche più scure, nella parte montana alpina, perché quelle avevamo. Avevamo la segale e il farro e si faceva la polenta di farro. Quindi, può anche essere un’occasione per ritornare un attimo a dei pensieri più più veritieri perché sono più legati al tuo territorio, dove incominciare a capire che la farina non è bianca, o non è solo bianca.

AS: Che tipo di agricoltura trovi interessante rispetto al tuo lavoro di ristoratrice?

AMDV: E’ vero che il 70% delle terre coltivabili vengono coltivate per dare da mangiare agli animali e che la distribuzione del cibo, come ha sempre detto Petrini, se fosse fatta in un certo modo sarebbe assolutamente sufficiente per tutti. Ma, non viene fatta così e quindi non lo è. Però se vogliamo parlare di terra e di salvaguardia della terra dobbiamo pensare a terreni fertili, perché nel momento in cui anche noi coltiviamo, ma anche in modo non intensivo, anche in modo più sano, noi comunque non rendiamo i terreni fertili, perché i terreni fertili vanno riportati alla loro fertilità e per farlo non ci vuole la chimica.

Quindi, anche per la coltivazione biologica bisogna bisognerebbe scendere molto nel dettaglio per capire. Se prendiamo il riso, ad esempio, se vuoi fare biologico nel riso devi avere la fortuna di avere la tua acqua e delle risaie che non comunichino con le altre, perché altrimenti, che tu lo voglia o no, ti arriva acqua degli altri che non è detto che sia ancora pulita. Se un terreno è fertile non devi usare la chimica. Se usi la chimica quel terreno è morto ed è finito l’argomento, perché quando hai un terreno morto devi continuare ad usare la chimica.

Poi, ci sono i piccoli produttori e allora alcuni di quelli fanno le cose come vanno fatte, ma li devi andare a cercare perché sennò si adeguano in qualche modo alla situazione e li possiamo comprendere. Hanno bisogno di fare reddito dal proprio lavoro. E’ un tema molto molto complesso e da lì si capiscono molte cose sul terreno fertile e non fertile

Ti ringrazio molto perché mi ha dato la possibilità di conoscere la realtà di Ciboprossimo che mi sembra molto interessante. Mette speranza sapere che c’è qualcuno che continua a pensare che comunque facendo rete si possoò in qualche modo risolvere i problemi, anche se sono problemi molto complessi. Però, se uno ci crede secondo me qualcosa nel proprio piccolo si può fare tutti. I cuochi dell’Alleanza e tutte le osterie che sono nella guida delle osterie Slow Food un po’ di questo lavoro lo fanno da tanto tempo. In alcuni casi, da  30 anni. Quindi, speriamo che siamo sempre di più a perseguire questi desideri.


Le fotografie sono dell’Osteria Due Cuori